⭕ Pronti alla danza dinamica? 1a lezione
Lʼeconomia della ciambella di Kate Raworth – puntata 14, prima parte
Sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo
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4a mossa, Comprendere i sistemi
Passare dall’equilibrio meccanico
alla Complessità dinamica
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Pronti alla danza dinamica? 1a lezione
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Verso la fine del XIX secolo, alcuni economisti particolarmente inclini alla matematica decisero di fare dell’economia una scienza rispettabile come la fisica: vennero introdotte equazioni, assiomi e leggi economiche al pari del pensiero di Newton con le leggi fisiche.
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Non ci aiutano i nostri ultimi 100.000 anni di evoluzione in quanto l’Homo Sapiens ha sviluppato il cervello per risolvere e gestire problemi immediati e ora abbiamo alle spalle 150 anni di teorie economiche che hanno consolidato la propensione degli umani a modelli meccanicistici e metafore imprecisi.
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Dobbiamo superare questa eredità genetica e abituarci a sviluppare un “pensiero sistemico” perché la realtà è: dinamica, instabile e imprevedibile.
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Cos’è un sistema?
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Apparentemente è molto semplice perché si basa su un insieme di tre elementi interconnessi:
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– scorte e flussi
– cicli di feedback (o cicli di retroazione)
– ritardo della retroazione
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La faccenda si complica in modo sorprendente e imprevedibile quando questi tre fattori cominciamo ad interagire tra loro.
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Scorte e flussi sono gli elementi base di ogni sistema e possono aumentare e diminuire.
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Facciamo un esempio.
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Immaginiamo una vasca da bagno. L’acqua che esce dal rubinetto fa riempire la vasca e quella che se ne va dallo scarico la fa svuotare. Si potrà notare che il livello dell’acqua cambia seguendo il bilancio tra flussi in entrata e in uscita.
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Come abbiamo detto la faccenda si complica quando entrano in gioco i cicli di feedback perché la vasca da bagno si riempirà o si svuoterà in relazione a quanto velocemente l’acqua esce dal rubinetto e in relazione a quanto velocemente se ne va dallo scarico.
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Quindi scorte e flussi sono gli elementi centrali di un sistema e i cicli di feedback sono le interconnessioni.
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Le interconnessioni sono di due tipi:
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- cicli di feedback (R) rinforzanti (o positivi).
e amplificano ciò che sta succedendo creando circoli virtuosi o viziosi di retroazione.
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- cicli di feedback (B) equilibranti (o negativi)
e contrastano o compensano quello che succede e tendenzialmente regolano i sistemi.
I feedback equilibranti o di bilanciamento (dall’inglese di Balancing) conferiscono stabilità a un sistema.
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La complessità di un sistema si manifesta in base a come interagiscono tra loro i feedback rinforzanti e equilibranti: determina, come in una danza, il comportamento del sistema – detto comportamento emergente- che si mostra come complesso se non addirittura imprevedibile.
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Per comprendere il funzionamento del diagramma delle relazioni causa-effetto con una rappresentazione visiva estremamente semplificato, Kate Raworth ci racconta la storia delle galline, delle uova e della strada da attraversare tratto da Business Dynamics di John Sterman.*
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Ogni freccia mostra la direzione della causalità con un segno + oppure –
Ogni coppia di frecce, che rappresenta i flussi, crea un ciclo di feedback R, Rinforzante e B di Bilanciamento.
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Applicando il diagramma alla storia delle galline, abbiamo questa situazione:
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a sinistra, ciclo etichettato con R, Rinforzante
più galline fanno uova e più nascono galline.
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a destra, ciclo etichettato con B, Bilanciamento
più galline si avventurano negli attraversamenti della strada, meno galline rimangono.
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La situazione si complica in relazione alla forza dei cicli. Infatti il tasso di natalità dei pulcini contro il tasso di mortalità delle galline investite apre a vari scenari:..
la popolazione delle galline può crescere esponenzialmente, collassare o stabilizzarsi perché entra in gioco anche l’elemento “ritardo” tra la nascita dei pulcini e i tentativi di attraversare la strada.
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Le retroazioni non sono immediate ma intercorre un lasso di tempo ossia un ritardo tra il momento in cui si ha l’effetto e il momento in cui tale effetto viene preso in considerazione per modificare il sistema.
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Risulta evidente che i ritardi possono generare sia una vantaggiosa stabilità in un sistema ma anche creare una situazione di rigidità nel sistema stesso: ci vuol tempo, per esempio, per costruire la fiducia in una comunità come ci vuol tempo se uno studente deve migliorare i voti per gli esami o se si vuol rimboschire una collina.
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Il “ritardo” può generare grandi oscillazioni quando i sistemi sono lenti a reagire: è capitato a tutti si rimane scottati o gelati mentre si fa la doccia e “litigare” con i rubinetti per regolare l’acqua calda o fredda .
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È tra queste interazioni tra scorte, flussi, feedback e ritardi che nascono i sistemi adattativi complessi: adattativi perché si evolvono con il tempo e complessi per l’ imprevedibilità del loro comportamento emergente.
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Come ebbe a dire l’economista Orit Gal, “la teoria della complessità ci insegna che gli eventi più importanti rappresentano la maturazione e la convergenza di tendenze sottostanti: riflettono il cambiamento che si è già verificato all’interno del sistema“.
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Molti eventi che sembrano improvvisi in realtà sono la repentina manifestazione di pressioni accumulate nel tempo nel sistema – come il collasso della Lehman Brothers nel 2008.
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Negli ultimi 150 anni, molti economisti avevano ben intuito la complessità dell’economia e, senza successo, cercarono di mettere da parte il pensiero economico basato sull’equilibrio e le scienze fisiche.
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Erano consapevoli del fatto che le teorie economiche si basavano su analisi dei sistemi estremamente limitate e fondate su assunzioni molto rigide sui modi in cui si comportano i mercati (competizione perfetta, rendimenti, piena informazione, razionalità degli attori del mercato, etc).
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Cominciamo – come ci esorta Kate Raworth – a pensare l’economia in modo sistemico e ci ricorda che:
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il pensiero dell’equilibrio porta con sè il concetto di esternalità che sono gli effetti collaterali , positivi o negativi derivanti dall’attività economica che impattano sul benessere della collettività o di altre imprese.
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Gli effetti negativi sono dei veri e propri costi “esterni” (per esempio l’inquinamento o danni ambientali) di cui le teorie economiche non tengono conto ma che, con la globalizzazione, sono stati amplificati generando gravi crisi sociali ed ecologiche.
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Ora parleremo di bolle, boom e crolli: la dinamica della finanza.
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Le bolle sono il fenomeno in cui il prezzo di un bene continua a salire fino a esplodere.
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È celebre la bolla speculativa, in Inghilterra, sulle azioni della South Sea Company.** Bolla che esplose nel 1720 e che ebbe, come vittima illustre, proprio Isaac Newton che non seppe resistere alle tentazioni del mercato e investì, per poi perdere, i risparmi di una vita.
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Il padre della meccanica era stato disorientato dalla complessità e commentò amaramente:
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“Posso calcolare il movimento delle stelle ma non la pazzia degli uomini”.
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In realtà paghiamo tutti noi l’incapacità di comprendere i sistemi dinamici.
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Nella finanza è emblematico il crollo del 2008 quando la Lehman Brothers – che allora era la quarta banca d’affari in USA – annunciò il fallimento e trascinò nel baratro la borsa e successivamente i mercati di tutto il mondo.
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Ne intravide l’avvisaglia l’economista Steve Keen che sostenne che “provare ad analizzare il capitalismo escludendo banche, debito e denaro e come cercare di analizzare gli uccelli ignorando che hanno le ali”.
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Non a caso dopo il 2008, molti esperti cercarono di approfondire i lavori dell’economista statunitense – noto per la sua teoria del 1975 dell’instabilità finanziaria e sulle cause delle crisi dei mercati – Hyman Minsky ** che metteva l’analisi dinamica al centro della macroeconomia.
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Minsky sosteneva che la stabilità genera instabilità.
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Perché?
Continua a leggere e lo scopriamo insieme.
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Vediamo la spiegazione con i feedback.
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Nei periodi positivi il mercato acquisisce fiducia portandolo a essere propenso ad assumersi rischi e prendere denaro in prestito e fare investimenti. I prezzi delle abitazioni e di altri beni inizieranno a salire generando ulteriore fiducia nel mercato. In questi periodi di forte espansione si sviluppa un boom di investimenti speculativi.
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Ma prima o poi i prezzi non staranno più al passo con le aspettative causando l’insolvenza dei mutui e il calo del valore dei beni. Il panico degli investitori ne provocherà la vendita massiccia. Il settore finanziario diverrà insolvente, provocando un crollo, chiamato appunto “Momento Minsky“.
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I boom di investimenti speculativi rappresentano l’instabilità di fondo nell’economia capitalistica.*
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Dopo il crollo gradualmente la fiducia ritornerà e il processo ripartirà in un ciclo graduale.
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Cosa insegna il crollo del 2008?
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La struttura di un network finanziario può essere punto di forza ma anche di debolezza: si rivela efficace se si comporta come ammortizzatore ma può anche trasformarsi in un amplificatore degli shock.
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Come ammise nel suo discorso del 2011 Gordon Brown, primo ministro britannico all’epoca della crisi finanziaria, “abbiamo creato un sistema di monitoraggio che osservava le singole istituzioni. Quello fu il grande errore. Non abbiamo capito che il rischio era diffuso nel sistema, non abbiamo capito il coinvolgimento reciproco delle diverse istituzioni e quando globali fossero le cose“.**
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La buona notizia è che avvieranno nuovi modelli dinamici dei mercati finanziari: nel team figurano Steve Keen, l’economista che intravide i presupposti del crollo finanziario del 2008 e Russell Standish, programmatore informatico: il programma per computer sulla dinamica dei sistemi non poteva che chiamarsi “Minsky”** e terrà conto dei feedback delle banche, del debito e del denaro.
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Finalmente un approccio alla complessità per comprendere gli effetti dei mercati finanziari sulla macro-economia.
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Termina qui questo articolo che è stato piuttosto “complesso”.
Ti aspettiamo con la prossima puntata e parleremo della dinamica della diseguaglianza.
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Legenda relativa ai link:
* fonte citata nel libro “Economia della Ciambella”
** approfondimento suggerito da Culturaintour
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