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⭕ Di chi è la terra? Chi crea il denaro?

Lʼeconomia della ciambella di Kate Raworth – puntata 16, seconda parte

Sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo 

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5a mossa, Progettare per distribuire

Passare da “la crescita appianerà le disuguaglianze”

a distributivi per principio

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Di chi è la terra? Chi crea il denaro?

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Nel XXI secolo abbiamo l’opportunità di trasformare le dinamiche del possesso della ricchezza e “di distribuire per principio”. Le aree su cui intervenire sono cinque.

In questo articolo vedremo la terra e il denaro.

Queste innovazioni contribuiranno a cambiare le economie da divisive a distributive e come effetto ridurranno povertà e disuguaglianze.

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1..Di chi è la terra?

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Nel corso della storia dell’uomo, la proprietà è stata gestita nei modi più disparati e con le logiche più svariate. A partire dalla strategia di Enrico VIII nel XVI secolo di sopprimere i monasteri inglesi e svenderne le terre per arrivare alla visione di Henry George che ispirò la corrente economica nota come georgismo **, secondo la quale ognuno ha il diritto di appropriarsi di ciò che realizza con il proprio lavoro mentre tutto ciò che si trova in natura, principalmente la terra, appartiene all’intera umanità e proponeva un’imposta sul valore fondiario.

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Via via così nel corso dei secoli per arrivare ad Adam Smith che celebrava la capacità del mercato di auto-organizzarsi e promuoveva il passaggio della terra a proprietà privata. Garrett Hardin, dal canto suo, riteneva che gli individui utilizzano un bene comune per interessi propri e i diritti di proprietà non sono chiari introducendo nel 1968 il concetto di “Tragedia dei beni comuni* **

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Elionor Ostrom, Nobel nel 2009**, contestò la tesi di Hardin con una serie di studi in merito all’auto-organizzazione dei beni comuni.** Ostrom e il suo team di ricercatori analizzarono l’uso condiviso delle risorse in varie comunità nel mondo e dall’indagine emerse che molte di queste comunità gestivano le loro terre e le risorse comuni meglio dei mercati e dei sistemi statali.*

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L’esperta ritiene che non esiste una panacea – ossia un rimedio universale che cura tutte le problematiche – per gestire bene la terra e le sue risorse: né il mercato, né i beni comuni, né lo Stato.

La pianificazione territoriale distributiva deve adeguarsi alle persone e ai luoghi e meglio potrebbe funzionare se riuscisse a combinare mercato, beni comuni e Stato per soddisfare i bisogni delle persone.*

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2. Chi crea il nostro denaro?

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Perché i sistemi commerciali complessi possano funzionare è necessario qualche forma di denaro. Il valore del denaro non è una realtà materiale ma un concetto mentale.

Come siamo siamo arrivati a usare comunemente questo strumento?**

Il motivo è la fiducia. Il denaro è un sistema di mutua fiducia, di relazione sociale riconosciuto a livello collettivo.

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Il denaro che conosciamo, qualunque sia la sua valuta (dollari , euro o yen) ha una sola identità mentre invece esistono molte altre forme possibili e in base a come viene creato e al ruolo che gli viene assegnato, determina forti conseguenze sulla sua distribuzione.

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Tuttavia il progetto del denaro – come viene creato, quale significato gli viene dato e come viene usato – ha pesanti implicazioni sulla sua stessa distribuzione.

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La creazione di denaro che conosciamo noi è da attribuirsi alle banche commerciali che offrono prestiti o linee di credito che vengono per lo più utilizzati per investimenti: per esempio acquisto di beni quali case, terreni e prodotti di tipo finanziario come titoli o azioni.

Questo modello di investimenti non genera una nuova ricchezza da cui trarre una fonte di reddito ma punta su una rendita derivante dall’aumento di valore del bene stesso.*

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Solo una bassa quota di prestiti è collocata per lo sviluppo delle imprese produttive di piccole dimensioni.

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L’attuale macroeconomia ignora i ruoli che la rendita, il debito e il settore finanziario giocano nel plasmare la nostra economia.*

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Occorre dunque riprogettare il ruolo del denaro che deve coinvolgere lo Stato, i beni comuni e il mercato e trasformare questa sorta di “monocultura monetaria” in un ecosistema finanziario.

Contando sull’esperienza storica della Grande Depressione degli anni Trenta e del  crollo finanziario del 2008, le banche centrali dovrebbero riprendersi il potere di creare denaro e trasferirlo alle banche commerciali dietro garanzia di riserve pari al 100% dei prestiti che concedono. Questa procedura preverrebbe il nascere di bolle finanziarie che arrecano enormi danni sociali ed economici.

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Le banche statali inoltre potrebbero concedere prestiti a tassi di interesse agevolati per famiglie svantaggiate e promuovere progetti di infrastrutture verdi e sociali come sistemi per l’energia rinnovabile comunitari e accelerare la trasformazione tanto necessaria.

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Cosa possono fare i beni comuni per sviluppare il nostro ecosistema finanziario?

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Nel mondo esistono già valute complementari alla moneta nazionale ufficiale. In un’ottica di resilienza si possono trovare nuovi modi di creare denaro: una nuova moneta serve a dare una spinta all’economia locale, rafforzare il tessuto sociale, generare equità nella comunità e pagare lavori che non verrebbero retribuiti.

Una propria moneta locale, già sperimentata da anni in alcuni luoghi nel mondo, consiste nel creare un network composto dai commercianti all’interno di una comunità: ognuno di loro si impegna a comprare e vendere beni e servizi nel circuito nel network.

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Un’altra forma di moneta è “il tempo”: è su questo principio che nascono le Banche del tempo in cui ci si scambiano competenze, saperi e attività usando come misura di valore il proprio tempo.

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Le banche del tempo possono avere numerose finalità. In una ricca città svizzera è sta creata una banca del tempo in cui i cittadini over60 che vi partecipano accumulano crediti di tempo di cura aiutando i residenti anziani a svolgere piccole mansioni come fare la spesa cucinare e facendo loro compagnia. Tutto questo tempo dedicato agli altri costituisce una sorta di “pensione sotto forma di  tempo” di cui si potrà usufruire per le proprie future necessità.

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Rimane il dubbio che simili soluzioni  sviliscano l’istinto umano a prendersi cura degli altri senza condizioni perché, anche se in modo intrinseco, si basano su una ricompensa anche se non è il denaro vero e proprio.

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Con la tecnologia inoltre stanno emergendo nuove monete complementari – le criptovalute ** , Con  l’invenzione di blockchain (catena a blocchi), una piattaforma digitale decentralizzata peer-to-peer che consente di tenere traccia di tutte le forme di valori che vengono scambiate tra le persone nel network. 

Una moneta che usa la tecnologia di blockchain è Ethereum** che ha attivato micro-reti per lo scambio al suo interno, di energia rinnovabile.

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Questi sono solo esempi di riprogettazione della moneta che riguardano il mercato, beni comuni e lo Stato. È un invito a riconoscere il fatto che il modo in cui il denaro viene progettato – la sua creazione, il suo ruolo ha conseguenze sulla sua distribuzione. Occorre dunque mettere al centro di un nuovo ecosistema finanziario, il potenziale della progettazione distributiva.

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Seguici per scoprire le altre tre aree coinvolte nella progettazione distributiva.

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Legenda relativa ai link:

* fonte citata nel libro “Economia della Ciambella”

** approfondimento suggerito da Culturaintour

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