⭕ Un uomo da dimenticare

Lʼeconomia della ciambella di Kate Raworth – puntata 11
Sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo
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3a mossa, Coltivare la natura umana
Passare dall’Uomo economico razionale
a Esseri umani sociali adattabili
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Un uomo da dimenticare
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Nell’immagine puoi vedere come Kate Raworth ha raffigurato l’homo economicus.
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Una delle storie più pericolose dell’economia del XX secolo è la rappresentazione dell’umanità come uomo economico razionale.
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Facciamo un salto indietro nel tempo per capire a quando risale la nascita di questa rappresentazione.
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Dobbiamo fare riferimento ad Adam Smith, il fondatore dell’economia politica liberale, con le sue pubblicazioni: nel 1759 The Theory of Moral Sentiments (Teoria dei sentimenti umani) e nel 1766 The Wealth of Nations (La ricchezza delle nazioni).
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Adam Smith pensava che l’uomo avesse una sua natura egoistica ma allo stesso tempo dotato di principi che lo fanno interessare alla sorte degli altri anche in forma disinteressata.
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Tuttavia il prototipo di individuo che combinasse l’aspetto egoistico e quello di propensione ad occuparsi dei suoi simili lo rendeva un personaggio complesso e imprevedibile che non poteva essere in sintonia con la politica economica.
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L’economia infatti necessitava di un uomo estremamente “razionale” con interesse esclusivo per la cura dei suoi propri interessi individuali capace di calcolo utilitaristico avendo come obiettivo la massimizzazione del proprio benessere (va precisato che il termine “razionale” in questo contesto non ha lo stesso significato nell’uso comune o nella filosofia o nell’etica).
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Il significato di razionalità riferito all’uomo economico è di perseguire i propri obiettivi con una mentalità “calcolatrice” avendo come obiettivo esclusivamente il proprio benessere.
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Nel 1844 l’economista John Stuart Mill affermò che l’economia politica non tratta il complesso della natura umana ma vede l’uomo solamente in quanto essere desideroso di ricchezza aggiungendo a questa rappresentazione il disprezzo per il lavoro e l’amore per il lusso.
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L’homo economicus per Mill era il modo in cui la scienza doveva necessariamente procedere.
Nel 1880 l’economista Charles Stanton Devas criticò aspramente Mill per aver dato un’astratta semplificazione della complessa realtà umana perché di fatto stava proponendo come modello un “animale cacciatore di dollari”.
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Nonostante le obiezioni, la teoria economica nel tempo a seguire, supportò il modello Homo economicus fino a plasmarne i comportamenti sociali e persino il linguaggio.
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Se si è fortemente convinti di una determinata natura umana, quali sono le conseguenze nella società?
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L’economista Robert H. Frank sulla base dei questa domanda, condusse una ricerca la cui conclusione è stata che “le nostre credenze sulla natura umana contribuiscono a plasmare la natura umana stessa” ossia diventiamo ciò che ci diciamo che siamo.
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Tendenzialmente gli studenti che hanno una formazione economica sono più egoisti rispetto agli altri.
Robert H. Frank, assieme a Thomas Gilovich e Dennis Regan della Cornell University, nel 1993 furono impegnati in un’indagine sul comportamento degli studenti che avevano una formazione economica**.
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Lo scopo era analizzare in quale misura l’esposizione al modello di interesse personale, proprio delle teorie economiche accademiche, potesse influenzare o alterare la condotta di un individuo.
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Dal risultato emerse che quasi il 61 percento degli studenti di economia mostrava una spiccata propensione ad essere egoista contro il 39 percento degli studenti di altre facoltà.
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A convalidare l’ipotesi secondo cui la formazione accademica influenzi in modo decisivo logiche comportamentali, vi è un altro studio condotto in Germania.
Nel 1997 B. Frank e G. Schulze di un’università tedesca, a seguito di una ricerca analoga, risultò che gli studenti di economia sono significativamente più corruttibili dei colleghi delle altre facoltà.
Nello specifico venne creata una situazione in cui gli studenti si trovavano di fronte alla scelta di perseguire il proprio interesse personale oppure il benessere sociale**.
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L’esperimento aveva come finalità di valutare quanto il livello di egoismo individuale prevalesse sul bene comune.
Risultò un netto distacco tra gli studenti di economia rispetto a studenti di altre facoltà.
I primi avevano spiccati comportamenti opportunistici.
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La tesi però aggiungeva anche un’altra ipotesi e cioè che gli studenti di economia scelgano questo tipo di studi perché già predisposti a una mentalità in cui domina il proprio tornaconto a discapito del benessere degli altri.
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Il fatto diventa inquietante se si pensa che il modello “uomo economico razionale” va oltre le aule universitarie e influenza il mondo reale, quello finanziario per esempio.
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Donald MacKenzie e Yuval Millo, sociologi nell’economia, ebbero a dire:
“L’economia finanziaria contribuisce a creare nella realtà il tipo di mercati ipotizzati nella teoria e se le teorie sono sbagliate, i risultati sono catastrofici.”
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Il modello “uomo economico razionale” ha ridefinito anche il linguaggio.
Nel XX secolo è diventata una costante nella vita pubblica parlare di “consumatore” al posto di “cittadino”.
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“Bisogna fare attenzione a ciò che esprimono le parole – spiega Justin Lewis, analista dei media e della cultura – perché il cittadino ha un ruolo in ogni aspetto della vita, da quella culturale, sociale ed economica. Il consumatore invece trova una dimensione solamente nel mercato”.
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Non trovi interessanti questi studi?
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Continua a seguirci per scoprire cosa ci propone Kate Raworth.
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Legenda relativa ai link:
* fonte citata nel libro “Economia della Ciambella”
** approfondimento suggerito da Culturaintour
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