Archivio per la categoria ‘Economia della ciambella’

⭕ L’Economia della ciambella di Kate Raworth spiegata a puntate

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L’economia della ciambella di Kate Raworth

Sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo

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Prefazione

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Finora le nostre società hanno perseguito modelli di sviluppo socio-economici che si sono basati sulla crescita continua dell’utilizzo degli stock e dei flussi di materia ed di energia da trasferire dai sistemi naturali a quali sociali.

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Al centro dei processi economici non è stato collocato il capitale fondamentale che ci consente di perseguire il benessere e lo sviluppo delle nostre stesse società e cioè il capitale naturale costituito dalla straordinaria ricchezza delle natura e della vita sul nostra pianeta.

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⭕ Chi vuol essere un economista?

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Lʼeconomia della ciambella di Kate Raworth – puntata 1

Sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo

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Chi vuol essere un economista?

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Inizi anni duemila: gli studenti di economia non ci stanno.

La rivoluzione dell’economia è cominciata!

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Si organizzano e creano un network globale in 30 paesi: cresce la consapevolezza che il modello economico che viene loro insegnato è in crisi e questa crisi ha conseguenze che vanno ben oltre le aule universitarie.

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Quello che imparano modella le menti delle prossime generazioni di decisori politici e quindi modella le società in cui viviamo.

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A gennaio 2015, si assiste alla clamorosa contestazione degli studenti di economia.

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I giovani ribelli proiettano messaggi di protesta sulla facciata dell’hotel Boston Sheraton che ospita la conferenza annuale dell’American Economic Association.

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Emerge forte tra gli studenti la necessità di essere pronti ad accettare le sfide del XXI secolo, dalla stabilità finanziaria alla sicurezza alimentare ai cambiamenti climatici.

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Come ebbe a dire Richard Buckminster Fuller – inventore e filosofo – “non si cambiano le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, bisogna costruire un nuovo modello che renda obsoleto quello attuale”.

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Kate Raworth con il suo libro smonta pezzo per pezzo le vecchie idee e i paradigmi culturali ed economici ormai obsoleti e li sostituisce con nuovi modelli a cui ispirarci attraverso immagini e parole.

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⭕ L’autorità dell’economia

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Lʼeconomia della ciambella di Kate Raworth – puntata 2

Sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo

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L’autorità dell’economia

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Il termine “economia” ci giunge dall’antica Grecia con il significato di “Arte della gestione domestica”.

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Per gestire la casa planetaria nel XXI secolo, con le sue enormi sfide, occorre avere necessariamente una visione nuova e a lungo termine e pertanto la teoria economica avrà un ruolo centrale.

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Come afferma F.S. Michaels nel suo libro “Monoculture: How One Story is Changing Everything”, la questione principale è economica: convinzioni, valori e assunzioni economiche stanno modellando il modo in cui pensiamo, sentiamo e agiamo.

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Gli economisti, dunque, hanno una grande responsabilità. Sensazione che era percepita fortemente da due economisti tra i più influenti del XX secolo che, pur avendo prospettive teoriche e politiche opposte, concordavano su uno stesso argomento.

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John Maynard Keynes, economista britannico, in una intervista negli anni Trenta, dichiarava:

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“Le idee degli economisti e dei filosofi politici, sia quando esse sono esatte sia quando sono sbagliate, sono più potenti di quanto si ritenga comunemente.

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In realtà il mondo è regolato da poco altro”.

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Friedrich von Hayek, austriaco, padre del neoliberismo degli anni Quaranta, nel 1974 fu insignito del premio Nobel per l’economia. In quella occasione disse:

“Il premio Nobel conferisce a un individuo un’autorità che in economia nessun uomo dovrebbe possedere perché l’influenza dell’economista è quella che più pesa sui profani: politici, giornalisti, impiegati statali e popolazione in generale”.

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Quanto possa influenzare il pensiero economico su una società è palese dalla ridefinizione del linguaggio: siamo passati da “strutture sanitarie” e “pazienti” a “fornitori di servizi” e “clienti”. 

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Gli economisti hanno attribuito per i campi e le foreste di tutti i continenti “un valore monetario del capitale naturale” e un “valore monetario dei servizi ecosistemici” per l’impollinazione degli insetti.

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In questo quadro abbiamo il settore finanziario che esalta la sua importanza con i resoconti e le quotazioni nei media: radio, telegiornali, giornali.

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Risulta evidente che il contesto e le sfide del XXI secolo necessitino di ripensare l’economia e qui ci scontriamo con la realtà.

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Negli Stati Uniti è stato realizzato un corso introduttivo standard di economia – Econ 101 – che è stato tradotto in molte lingue: milioni di studenti di tutto il mondo studiano lo stesso identico libro. 

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Econ 101 è un testo che fornisce le basi dell’economia classica ed è rivolto agli studenti universitari con il risultato che intere generazioni di futuri economisti ma anche di imprenditori, medici, giornalisti o decisori politici sono formati con il medesimo linguaggio e approccio mentale. Questi ultimi modellano il modo in cui si pensa all’economia: cos’è, come funziona e a cosa serve.

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A questo punto la domanda da farsi è:

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Se in un’epoca di veloci trasformazioni e ardue sfide continuiamo ancora oggi a formare gli studenti con un approccio mentale che si basa su testi di economia del 1950 a loro volta derivanti da teorie del 1850, come possono costruire un avvenire prospero?

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Lo scopriremo con la prossima puntata.

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Ci auguriamo che queste riflessioni ti abbiamo coinvolto. 

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⭕ Una ciambella per salvare il mondo

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Lʼeconomia della ciambella di Kate Raworth – puntata 3

Sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo

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Una ciambella per salvare il mondo

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Kate Raworth, sin da adolescente, matura la decisione di voler studiare economia per poter mettere a disposizione le sue competenze per combattere le ingiustizie sociali e salvaguardare l’ambiente naturale. 

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Si iscrive così alla Oxford University. 

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È proprio nelle aule universitarie che Kate si rende conto che la teoria economica che stava imparando partiva da “strane” supposizioni e non approfondisce proprio i temi che le stanno più a cuore.

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Per questo, abbandona l’economia teorica per dedicarsi alle sfide economiche del mondo reale: lavora per tre anni nei villaggi di Zanzibar (Tanzania) dove vede come le donne gestiscono micro-imprese mentre crescono i loro bambini senza acqua corrente ed elettricità. 

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Poi lascia Zanzibar per un contesto agli antipodi: lavora per qualche anno a Manhattan per le Nazioni Unite per poi licenziarsi delusa dall’ambiente. Decide di lavorare per Oxfam per una decina d’anni.

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È in questo contesto che è testimone della precarietà dei lavori delle donne – dal Bangladesh a Birmingham – e delle implicazioni dei cambiamenti climatici sui diritti umani – dall’India allo Zambia.

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Alla formazione di Kate, contribuisce anche il periodo dedicato alla nascita dei suoi bambini. Vive personalmente la pressione a cui sono sottoposti i genitori per conciliare gli impegni della famiglia e quelli del lavoro.

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Gradualmente tutto il bagaglio di esperienze di vita, quelle maturate nel lavoro, nella famiglia fanno giungere Kate a una serie di conclusioni: 

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l’economia modella il mondo in cui viviamo e le sue teorie avevano definito anche la sua forma mentis nonostante non vi si riconoscesse.

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Kate si chiede:

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“e se facessimo partire l’economia non dalle sue astrazioni ma dagli obiettivi a lungo termine dell’umanità e poi ci chiedessimo quale tipo di pensiero economico può darci le migliori possibilità per raggiungerli?” 

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Era pronta a disimparare e creare qualcosa di nuovo: stava nascendo l’economia della ciambella.

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⭕ Il potere delle immagini

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Lʼeconomia della ciambella di Kate Raworth – puntata 4

Sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo

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Il potere delle immagini

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Kate Raworth vuole abbandonare le vecchie teorie economiche imparate all’università. È determinata a creare un nuovo paradigma.

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“Provai a disegnare un’immagine di questi obiettivi e, per quanto sembri ridicolo, venne fuori una ciambella – sì – quella americana con un buco in mezzo.

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Si fa fatica a considerare le zuccherose ciambelle come una metafora verosimile delle aspirazioni dell’umanità, ma c’era qualcosa in quell’immagine che mi colpiva”.

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I punti salienti della ciambella sono:

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una base che tiene conto del benessere sociale SOTTO il quale nessuna persona dovrebbe andare (cioè condizioni di povertà estrema, fame, analfabetismo, mancanza di assistenza sanitaria). 

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un tetto ecologico da non superare perché sono i limiti massimi SOPRA i quali si compromettono gli ecosistemi del pianeta portando al degrado ambientale (come cambiamenti climatici, perdita di biodiversità).

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L’equilibrio dunque è tra questi due limiti e costituisce la zona di sicurezza entro la quale l’umanità può vivere e soddisfare i propri bisogni rispettando le risorse del pianeta.

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Per il XXI secolo abbiamo bisogno di una nuova storia economica, di una narrazione sul nostro futuro e le migliori storie sono quelle raccontate per immagini.

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Il nostro cervello elabora le informazioni per immagini: la visione viene prima delle parole. Ci basta osservare un bambino: guarda e riconosce le cose prima di imparare a parlare.

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Le neuroscienze hanno confermato il ruolo predominante della visualizzazione nella cognizione umana.

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Impariamo meglio, più velocemente attraverso le immagini e il cervello è capace di memorizzarle più a lungo.

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Nel corso dell’evoluzione umana hanno avuto un ruolo importante, basti pensare alle pitture rupestri. L’intera Storia è costellata da raffigurazioni: nel 500 a.C. con la Mappa del mondo – Imago Mundi – e poi Leonardo da Vinci con l’Uomo Vitruviano. Copernico nel 1543 con la sua rappresentazione dell’universo eliocentrico innescò una rivoluzione ideologia tale la scuotere la dottrina della chiesa.

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È evidente il potere delle immagini perché si imprimono nella nostra mente più delle parole e modellano, senza che ci rendiamo conto,  la nostra visione del mondo.

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Non sono innocue dunque le rappresentazioni proposte da un’economia obsoleta con i suoi diagrammi, parabole e linee che ci portano a perseguire falsi obiettivi.

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Molti dei padri fondatori dell’economia attraverso le immagini esprimevano le loro opinioni nel tentativo, riuscito, di dare all’economia carattere scientifico pari della fisica . In questa impresa troviamo William Stanley Jevons nel 1871 con la “legge della domanda”. Jevons infatti raffigurò le sue teorie ispirandosi allo stile dei diagrammi sul moto dei corpi disegnati da Isaac Newton nel 1867.

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Tuttavia fu Paul Samuelson nel seconda metà del XX secolo a  caratterizzare il pensiero economico attraverso l’uso di equazioni rivolgendosi ai professionisti e di immagini rivolgendosi alle masse.

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Subito dopo la seconda guerra mondiale, centinaia di migliaia di ex militari si iscrissero ai college statunitensi: la situazione post bellica offriva grandi opportunità di lavoro. Molti giovani scelsero ingegneria che prevedeva un corso obbligatorio di economia ma i testi erano mal tollerati dagli studenti. 

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Questa situazione si rivelò un colpo di fortuna per Paul Samuelson che, ancora trentenne e professore del MIT venne incaricato dal suo capo dipartimento, Ralph Freeman, di mettere a punto con urgenza un corso di economia che risultasse accattivante per i futuri ingegneri.

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Nel 1948 uscì “Economics”  il testo che avrebbe reso Samuelson uno dei più influenti e noti economisti al mondo.

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Scelse lo stesso metodo che fu usato dalla chiesa quando, per diffondere la sua dottrina, si vedevano i monaci e gli studiosi leggere la Bibbia in latino ma per il popolo analfabeta si ricorreva a immagini sui muri delle chiese e a dipinti e vetrate decorate.

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Samuelson mise da parte la sua idea di usare le equazioni per i professionisti per ricorrere alla visualizzazione e,  poiché i destinatari era principalmente ingegneri, usò i disegni con lo stile per loro più familiare. Obiettivo pienamente raggiunto poiché attecchì e divenne famoso il Diagramma di Flusso Circolare che evocava  chiaramente il disegno di un circuito idraulico.    

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Economics, così come venne intitolato il libro, fece breccia non solo per i corsi di ingegneria ma fu un successo assoluto in America e in tutto il mondo. Divenne il testo di economia adottato dai professori universitari e tradotto in quaranta lingue. Nel corso degli anni Samuelson aggiunse nuovi diagrammi per arrivare a quasi 250 con l’ultima edizione aggiornata del 1980.

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Hai appena conosciuto la genesi di Econ 101.

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Come dichiarò lo stesso Samuelson “il primo messaggio è quello privilegiato perché si imprime nella tabula rasa del neofita nel momento in cui è più impressionabile”.

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Ma per il XXI secolo serve ripensare l’economia perché essa deve variare in base ai nuovi contesti, ai nuovi valori e ai nuovi obiettivi dell’umanità.

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George Lakoff, studioso di linguistica cognitiva, afferma che è essenziale avere una nuova visione. Il solo rifiuto di un modello dominante, paradossalmente, servirà solo a rafforzarlo. 

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Per fare un esempio George Lakoff** parla dal noto dibattito politico relativo all’alleggerimento fiscale portato avanti dai conservatori statunitensi. Questi hanno fatto passare il messaggio che le tasse sono una sofferenza e quindi si propongono di essere i salvatori.

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In questo caso la strategia da parte dei progressisti non è di argomentare con lunghi discorsi  contro l’alleggerimento fiscale che, evidentemente, avrebbe un effetto fallimentare agli occhi dei cittadini. La soluzione migliore è proporre una visione di “giustizia fiscale” che evoca in due parole i valori di comunità, correttezza e responsabilità.*

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Avvalersi di un efficace linguaggio verbale e visivo è il mezzo per trasformare il pensiero economico del XXI secolo.

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“Mi resi conto – racconta Kate Raworth – di quanto sia grande il potere del contesto visivo solo nel 2011 quando disegnai per la prima volta la Ciambella e rimasi sbalordita e affascinata dalla risposta interazionale che suscitò”

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L’immagine della ciambella ebbe analoga accoglienza favorevole nel 2015 in occasione dei processi di negoziazione per Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile.*

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Una nuova storia  economia ha bisogno di nuove immagini anche se non sarà facile liberarsi dai diagrammi come “meccanismi di mercato” o da frasi come ”perseguimento della crescita“.

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Se non ti sei mai occupato di economia può essere un vantaggio perché Paul Samuelson non ha ancora avuto spazio sulla tua “tabula rasa”.

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Sei pronto ora a conoscere le nuove sette immagini per il XXI secolo?

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Legenda relativa ai link:

* fonte citata nel libro “Economia della Ciambella”

** approfondimento suggerito da Culturaintour

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⭕ La ciambella in sette mosse

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L’economia della ciambella di Kate Raworth – puntata 5

Sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo

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La ciambella in sette mosse

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Nel 2011 Kate Raworth disegna per la prima volta la Ciambella a seguito di un lungo percorso: analizzare – per smontare pezzo per pezzo – il vecchio paradigma di economia che, pur avendo consentito a miliardi di persone di migliorare il proprio standard di vita, nel tempo ha causato un impatto gravissimo a livello sociale con diseguaglianze su scala globale mai visti prima nella storia dell’umanità e un degrado ambientale tale da compromettere i sistemi naturali del pianeta.

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Consapevole che l’attuale modello si fonda su teorie dell’Ottocento che continuano a essere insegnate, Kate si confronta con accademici innovativi, business leader raccogliendo allo stesso tempo le intuizioni degli studenti di mentalità aperta. 

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Attinge sapere dal mondo dell’ecologia, istituzionale, femminista e dell’economia comportamentale. 

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Attraverso il bagaglio di strumenti e informazioni acquisiti,  giunge a indicare i principi che devono guidare un economista per essere capace di affrontare le impegnative sfide che l’umanità ha dinanzi a sé.

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Kate ci tranquillizza: il fatto che non ci si sia mai sorbito un testo sull’economia può rivelarsi addirittura un vantaggio avendo meno zavorre da cui liberarsi non avendo “i graffiti economici che stazionano nella nostre menti”. 

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Ridipingiamo tutto con nuove immagini e lo faremo in “sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo:

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Prima mossa, Cambiare l’obiettivo

.-Vecchio paradigma

L’economia da sessant’anni basa il suo benessere attraverso un indicatore, il PIL.

.-Economia della Ciambella

Occorre prosperare in equilibrio creando un’economia,  dal livello locale a quello globale, che rispetti i diritti umani e i limiti del pianeta.

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Seconda mossa, Vedere l’immagine complessiva

-Vecchio paradigma

L’economia mainstream raffigura tutta l’economia in un solo diagramma, il flusso circolare del reddito.

-Economia della Ciambella

L’l’economia va integrata nella società e nella natura.

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Terza mossa, Coltivare la natura umana

-Vecchio paradigma

Il pensiero economico razionale ha modellato la società con individui isolati, calcolatori che dominano la natura.

-Economia della Ciambella

Le persone sono sociali, interdipendenti, fluide nei valori e consapevoli della dipendenza dal mondo naturale.

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Quarta mossa, Comprensione dei sistemi

-Vecchio paradigma

L’economia mainstream si basa su un equilibrio meccanico frutto di teorie risalenti al XIX

-Economia della Ciambella

L’economia è dinamica e occorre gestirla in quanto sistema complesso in continua evoluzione.

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Quinta mossa, Progettare per distribuire

-Vecchio paradigma

La diseguaglianza nell’economia è fisiologica e con la crescita la situazione migliora

-Economia della Ciambella:

L’economia deve prevedere ala distribuzione del valore che genera.

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Sesta mossa,  Creare per rigenerare 

-Vecchio paradigma

Il degrado ambientale è in stretta correlazione con l’aumento della ricchezza economica.  

La società adotta una politica ambientale  quando raggiunge una ricchezza tale da poter scambiare parte propria crescita per migliorare l’ambiente.

-Economia della Ciambella

Occorre prevedere una progettazione rigenerativa per creare un’economia circolare.

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Settima mossa, Essere agnostici riguardo alla crescita

-Vecchio paradigma

La crescita infinita è un obbligo. Da essa dipendono finanza, politica e società.

-Economia della Ciambella

L’obiettivo è vivere una vita dignitosa in uno spazio sicuro ed equo indipendentemente dalla crescita

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Siamo solo all’inizio della trasformazione del pensiero economico tenendo presente che è in continua evoluzione.

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Per coloro che sono pronti a ribellarsi, a guardarsi intorno, a mettere in dubbio e ripensare, questo è un momento straordinario.

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“Unitevi a questo viaggio”, ci incita Kate.

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⭕ Il Pil, come il cuculo nel nido

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L’economia della ciambella di Kate Raworth – puntata 6

Sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo

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1a mossa, Cambiare obiettivo

Passare dal Pil

alla Ciambella in equilibrio

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Il Pil, come il cuculo nel nido

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Il cuculo non nidifica e non cresce i propri piccoli.

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La femmina di cuculo, infatti,  attende il momento in cui il nido di altri volatili sia incustodito per deporvi il suo tra le uova già presenti. 

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Quando i proprietari del nido rientrano, ignari, covano amorevolmente le loro uova compreso quello intruso che apparentemente è somigliante alle uova legittime.

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Quando si schiude, generalmente prima degli altri, il pulcino cuculo si libera delle uova degli uccelli proprietari del nido e li getta fuori. 

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Rimasto solo, verrà nutrito abbondantemente diventando più grande degli stessi genitori adottivi con dimensioni assurde tali da debordare dal minuscolo nido.

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Kate si serve di questa metafora per affermare che il “pil-cuculo” si è impossessato del  “nido-economia”: la sua crescita è diventato l’obiettivo dell’economia stessa.

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Come ha fatto l’economia a perdere il suo obiettivo?

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Scopriamo la sua genesi.

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Nell’antica Grecia, Senofonte (circa 390 a.C.) coniò il termine “economia” descrivendola come arte, la pratica della gestione domestica. Più tardi Aristotele distinse l‘economia dalla crematistica cioè l’arte di acquisire ricchezza.

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Nel 1767 con James Steuart l’economia perse il concetto di arte per passare a “scienza delle politiche domestiche nelle nazioni libere”. Steuart  affermò che essa ha lo scopo di  assicurare un certo fondo per la sussistenza di tutti gli abitanti e creare cooperazione tra di essi per soddisfare i reciproci bisogni e i desideri.

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Nel 1776  Adam Smith, sebbene sia noto per aver promosso il mercato libero, riformulò la definizione dando all’economia il duplice scopo di fornire sussistenza alle persone e allo Stato introiti da destinare ai servizi pubblici.*

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La vera svolta avvenne nel 1844 con l’economista John Stuart Mill, uno dei massimi esponenti del liberalismo, che descrisse l’economia politica come “una scienza che delinea le leggi di quei fenomeni della società che sorgono dalle operazioni combinate dell’umanità per la produzione della ricchezza”.**

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In altre parole per Mill l’oggetto di studio dell’economia non è la società economica nel suo complesso ma l’aspetto umano di ricercare la ricchezza.

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Questi princìpi diventano la tendenza perseguita da molti altri economisti nei decenni successivi che diedero svariate definizioni perdendo pian piano il concetto di occuparsi dei valori e degli obiettivi propri dell’economia.

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Alla fine è emersa come una “scienza positiva”,** analizza “ciò che effettivamente è” ossia la sua finalità è puramente conoscitiva.

E, per tornare alla metafora del cuculo, il nido incustodito va riempito.

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Vuoi sapere quando è nato il Pil?

Non perderti la prossima puntata. 

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Immagine:

Blog LaValnerina.it

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Legenda relativa ai link:

* fonte citata nel libro “Economia della Ciambella”

** approfondimento suggerito da Culturaintour

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⭕ Pil, nato per crescere

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L’economia della ciambella di Kate Raworth – puntata 7

Sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo

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1a mossa, Cambiare obiettivo

Passare dal Pil

alla Ciambella in equilibrio

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Pil, nato per crescere

Sul finire del 1929 gli Stati Uniti subirono il crollo della borsa, il cosiddetto “Crollo di Wall Street” e si innescarono una serie di effetti domino portando l’economia americana al collasso: fallimento di banche, chiusura di fabbriche, disoccupazione, caduta verticale di consumi, riduzione di salari, risparmiatori che ritirarono i propri depositi.

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Gli effetti non tardarono e nel disastro cadde l’intera economia mondiale.

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La crisi durò un decennio. La ripresa iniziò nel 1933 con Franklin D. Roosevelt . Il neo eletto presidente adottò un piano di riforme economiche e sociali fra il 1933 e il 1937, detto New Deal. 

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Roosevelt ebbe bisogno di un’unità di misura per monitorare l’andamento dell’economia. Questo compito fu affidato all’economista Simon Kuznets (premio Nobel per l’economia nel 1971) che elaborò il Gross Domestic Product (GDP) in italiano Prodotto Interno Lordo (Pil).

Questa unità di misura consentì al Presidente degli Stati Uniti di controllare l’efficacia del suo programma New Deal: più la linea del Pil volgeva verso l’alto più l’economia stava crescendo.

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Gli Stati Uniti così si risollevarono dalla crisi e presto ci si dimenticò che Kuznets, il padre ideatore del Pil, sin dall’inizio (1937)  volle precisare che il suo indicatore comprendeva solo il valore dei beni e servizi prodotti ma non rifletteva il modo in cui il reddito e il consumo fossero realmente distribuiti e quindi non teneva conto dell’effettivo benessere della società.

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Tuttavia il paradigma della crescita si consolidò fortemente.

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Negli anni Cinquanta l’ascesa economica dell’Unione Sovietica diventò ragione di competizione per gli Stati Uniti che puntarono in modo ancora più determinato a dare impulso all’economia.

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Questo modello venne visto come una panacea capace di risolvere problemi sociali, economici e politici.

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L’idea dell’aumento costante del Pil si sovrappose con l’idea di progresso poiché evocava l’immagine dimovimento che va avanti” o “verso l’alto” modellando il modo di pensare e di parlare.* **

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Negli anni Sessanta Kuznets divenne uno dei critici più accaniti verso la popolarità del Pil evidenziando che il benessere di una nazione difficilmente può essere dedotto dalla misura del reddito nazionale.

Arriviamo agli inizi anni Settanta quando Donella Meadows, una scienziata dei sistemi, non si stancò di mettere in allerta il mondo del pericolo di considerare la crescita economica come illimitata.

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Donella Meadows, una delle principali autrici del rapporto “I limiti della crescita” pubblicato nel 1972 e commissionato dal Club di Roma, fu decisamente chiara a marzo 1999* nel corso di una conferenza quando affermò che “ gli obiettivi devono avere a che fare con la vera realizzazione umana, non solo con l’ottenere di più “.

E poi farsi sempre le domande:  

Crescita di cosa? Crescita perché? Crescita per chi? Quanto tempo può durare? “

Le riflessioni di Donella Meadows possono sembrare di parte ma suona davvero ironico il fatto che lo stesso creatore del Pil, Simon Kuznets, scrisse negli anni Sessanta nel il suo libro “How to judge Quality”: bisogna tenere in mente la distinzione tra quantità e qualità della crescita, tra costi e benefici, tra il breve e il lungo termine. Gli obiettivi dovrebbero essere espliciti: obiettivi di maggiore crescita dovrebbero precisare maggiore crescita di cosa e per cosa.

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Senza ulteriori indugi, è giunto il momento di sfrattare il cuculo dal nido.

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Bisogna concentrarsi su obiettivi che assicurino dignità e opportunità entro i limiti consentiti dal pianeta in modo da  vivere nello spazio sicuro ed equo per l’umanità.

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disegno cuculo #irenerenon

credits: @ireneagh

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⭕ La ciambella in equilibrio

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L’economia della ciambella di Kate Raworth – puntata 8

Sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo

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1a mossa, Cambiare obiettivo
Passare dal Pil
alla Ciambella in equilibrio

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La ciambella in equilibrio

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La risposta che si dà la politica dopo ogni crisi è sempre la stessa: crescita.

Si cerca di renderla più accattivante affiancandola ad altri aggettivi: crescita sostenuta oppure crescita intelligente, sostenibile, inclusiva.

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Ma sempre di crescita si tratta, è inutile cercare di legittimare questo modello economico anzi è proprio il segnale che è il momento di sfrattare il cuculo dal nido.

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Per farlo bisogna cambiare visione e tornare a parlare di valori e obiettivi e capire la direzione da prendere.

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L’umanità ha bisogno di una bussola per rifondare il pensiero economico e giungere a un modello di sviluppo equo e sostenibile. 

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Per spiegarlo Kate Raworth ha disegnato due anelli concentrici.

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L’anello interno (in rosso)  rappresenta il livello minimo sociale: ogni persona dovrebbe poter soddisfare bisogni primari quali:

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1.cibo

2.acqua

3.assistenza sanitaria

4.reddito

5.istruzione

6.energia

7.lavoro

8.diritto di espressione

9.parità di genere

10.equità sociale

11.resilienza agli shock

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L’anello esterno (in color ocra) è il limite ambientale cioè il tetto ecologico da rispettare per evitare danni ambientali gravi e irreversibili: perdita di biodiversità, accumulo di gas serra in atmosfera, alterazione dei cicli dell’azoto e del fosforo, ecc.

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Tra questi due anelli c’è uno spazio operativo sicuro per l’umanità (Safe and Operating Space, SOS) con un’economia rigenerativa e distributiva, in altre parole, ecologicamente sostenibile e socialmente equa.

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Attualmente miliardi di persone si trovano sotto il livello minimo sociale (il centro della ciambella) in quanto esiste una situazione di deprivazione che impedisce loro di soddisfare i bisogni essenziali. 

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Al  contrario, al di sopra del limite ambientale siamo in una zona di eccesso e di forte pressione sul tetto biofisico sopportabile dal pianeta.

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Lo sviluppo economico globale del XX secolo ha contribuito a togliere dalla povertà milioni di persone nel mondo consentendo di migliorare notevolmente lo standard di vita.

Questo però ha dato origine a un’impennata nel consumo delle risorse della Terra causando forti impatti ambientali.

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Dal 1950 al 2010 la popolazione mondiale è triplicata così come si sono intensificate le attività umane determinando nel giro di 200 anni una nuova epoca geologica chiamata, non a caso, Antropocene.** 

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Il termine deriva dal greco anthropos, che significa uomo con l’aggiunta del secondo elemento –ceneè l’era geologica nella quale  l’uomo e le sue attività sono la causa principale delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche del pianeta.

Il termine venne divulgato negli anni 2000 da Paul Crutzen, premio Nobel per la Chimica a seguito delle sue pubblicazioni scientifiche.

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L’epoca che abbiamo lasciato alle spalle si chiama Olocene, caratterizzata da un clima stabile, abbondanza d’acqua dolce e una biodiversità prospera e generosa: condizioni che hanno garantito all’uomo la possibilità di progredire ed espandersi rapidamente.

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Con l’Antropocene invece si aprono scenari climatici sconosciuti e pericolosi per l’intera umanità e, in generale, per tutti gli esseri viventi sulla Terra.

Un team di esperti di scienze del sistema Terra e della sostenibilità guidato da Johan Rockström** ha identificato nove processi naturali che sono critici (per esempio sistema clima e ciclo dell’acqua) ma che ancora consentono di mantenere condizioni simili a quelle dell’Olocene.

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Per evitare di trovarci in una situazione incontrollabile, gli scienziati hanno stabilito dei confini, dei limiti da non oltrepassare. È vitale quindi regolare le attività umane affinché non si aggiungano ulteriori pressioni sul sistema pianeta.

“Siamo la prima generazione a riconoscere che stiamo mettendo a rischio la capacità del sistema Terra di sostenere lo sviluppo umano” (Johan Rockström) 

È bene ricordare che, purtroppo, quattro limiti sono già stati oltrepassati: cambiamenti climatici, trasformazione del suolo, flussi di azoto e fosforo e perdita della biodiversità.

A questo punto è facile intuire che i limiti biofisici del pianeta e la base sociale sono strettamente interconnessi.

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Ma come si può passare dalla crescita infinita alla prosperità in equilibrio?

Quali sono le soluzioni?

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La crescita infinita dettata dal Pil ci ha portato in una situazione molto pericolosa.

Siamo dunque la prima generazione ad essere consapevole di dover attuare una trasformazione che miri ad un futuro sostenibile e ciò si può fare adeguando il nostro modo di vivere, comprare, viaggiare, gestire il denaro tenendo conto dei limiti sociali e planetari illustrati con la Ciambella.

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Questo modo di agire deve essere applicato a tutti i livelli:  persone, comunità, strategie dei governi e di aziende.

Per Kate Raworth possiamo vivere nello spazio sicuro ed equo della ciambella se si tengono conto di cinque fattori determinanti:

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-Popolazione

Deve necessariamente stabilizzarsi: più abitanti ci sono più bisogni occorre soddisfare. 

La buona notizia è che la popolazione tende a stabilizzarsi quando le persone vivono senza privazioni rispettando un livello minimo sociale (come previsto nella Ciambella). È particolarmente importante l’istruzione delle donne e l’assistenza sanitaria dei bambini: è così che si può andare nella direzione auspicata.

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-Distribuzione della ricchezza globale

Le emissioni di gas serra vanno di pari passo con lo standard di vita di un popolo: tanto più lo stile di vita è alto tanto più aumentano tutti i consumi (dal cibo all’energia).

Come si fa a sfamare il 13% di popolazione malnutrita nel mondo? 

Se si pensa che attualmente buona parte (tra il 30 e 50%) del cibo mondiale va perso dopo il raccolto, sprecato nelle catene di rifornimento e addirittura buttato dai nostri piatti alla pattumiera, la fame potrebbe essere debellata con il 10% del cibo prodotto ma che non viene mangiato.

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-Aspirazioni

Entro il 2050 si prevede che il 70% della popolazione mondiale vivrà in zone urbane con un conseguente alzamento dello standard di vita e di consumo.

È necessario rimodulare le nostre aspirazioni in alternativa al modello del consumismo.

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-Tecnologia

Un altro fattore importantissimo è l’innovazione che deve rappresentare uno strumento per ottimizzare l’efficienza delle infrastrutture (alloggi autoriscaldanti o autorinfrescanti, trasporti con energie rinnovabili, etc)

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-Governance

Sono necessarie strutture di governance efficaci come non lo sono mai state prima, a partire dal livello locale fino a quello globale. È una grande sfida visto che occorre contrastare gli interessi radicati da lungo tempo, le norme e aspettative di paesi, aziende e comunità.

Resta il fatto che bisogna affrontare complesse interazioni del sistema Terra e ridurre la pressione dell’umanità sui limiti del pianeta.

Se la bussola della Ciambella ci orienta verso la prosperità in equilibrio con il pianeta, come possiamo rappresentare graficamente l’economia in relazione al tutto?

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Lo vedremo con la 2a mossa,  “Vedere l’immagine complessiva” mettendola a confronto con la raffigurazione dell’economia tradizionale così da comprendere perché siamo arrivati a questo punto. 

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Continua a seguirci!

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Legenda relativa ai link:

* fonte citata nel libro “Economia della Ciambella”

** approfondimento suggerito da Culturaintour

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⭕ Mercato autosufficiente

, in

Lʼeconomia della ciambella di Kate Raworth – puntata 9
Sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo

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2a mossa, Vedere l’immagine complessiva
Passare dal Mercato autosufficiente
all’Economia integrata

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Mercato autosufficiente

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La scorsa volta ci siamo lasciati con questo interrogativo:
Come venne disegnata l’economia tradizionale per arrivare a questo punto?

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La risposta la troviamo nel “diagramma di flusso circolare” elaborato per la prima volta nel 1948 da Paul Samuelson per illustrare la circolazione del reddito all’interno dell’economia. Il diagramma venne successivamente riproposto nei testi di economia per gli studenti universitari e così arrivò presto a definire l’economia stessa, determinando quali attori economici dovessero essere protagonisti.

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Perché fu pensato e cosa si evince da questo diagramma?

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Sul finire degli anni Quaranta – il mondo usciva dalla Grande Depressione e dalla Seconda Guerra Mondiale – Samuelson si domandava come fare perché il reddito riprendesse a circolare nell’economia americana e quindi, nel disegnare il suo diagramma, si focalizzò sui flussi monetari.
Il fulcro del sistema economico è il mercato (mercato di beni/servizi e mercato del lavoro) che mette in circolo sia flussi monetari sia beni tra due “operatori”: le famiglie e le imprese.

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Le famiglie offrono i propri servizi (lavoro, risparmio) alle imprese in cambio di un flusso monetario (salario, interessi). Il reddito delle famiglie viene speso per acquistare beni e servizi dalle imprese.
Gli unici fattori considerati sono: lavoro e capitale.

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La produzione e il consumo sono strettamente interconnessi e creano il cosiddetto “flusso circolare del reddito”.
A questo flusso si aggiungono tre cicli esterni:
banche commerciali (il flusso di risparmi viene reimmésso nel circolo sotto forma di investimenti)
governi (le imposte e tasse vengono destinate alle spese pubbliche)
commercio (rappresentato dal settore estero con le importazioni e esportazioni)

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Il diagramma, ancora in uso nell’economia mainstream, forniva la base per la misurazione del Pil e del reddito nazionale .

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Il libro di Samuelson sulla circolazione dei flussi monetari ispirò Bill Phillips che costruì una vera macchina idraulica avvalendosi di taniche e tubi con acqua colorata che circolava al suo interno.

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La sua opera chiamata MONIAC**– Monetary National Income Analogue Computer – serviva per modellare i processi economici del Regno Unito.

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Ma, sia il diagramma di flusso di Samuelson sia il MONIAC di Phillips, erano mancanti degli elementi necessari per creare e far funzionare l’economia: non tenevano conto né dell’energia e delle risorse e neppure della società.

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Nel 1947 Friedrich Hayek, Ludwig Von Mises, Frank Knight, Milton Friedman, ispirandosi al liberismo classico di Adam Smith e David Ricardo, abbozzarono quello che un giorno sarebbe diventato il paradigma economico dominante.

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L’intento era di respingere con forza la minaccia del totalitarismo statale che si stava diffondendo in Unione Sovietica.
L’anno successivo, con il diagramma elaborato da Samuelson, si poté dare avvio al pensiero economico neoliberista: Friedman e gli altri abbracciarono una prospettiva a lungo termine con il sostegno del business e di miliardari, finanziarono cattedre e borse di studio e costruirono un network di think tank del “mercato libero” in tutto il mondo.
Il paradigma neoliberista si impose compiutamente negli anni Ottanta con Margaret Tatcher e Ronald Reagan.

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Ecco i suoi principi:

-Il business è innovativo e massimamente efficiente
-la finanza è infallibile
-Il commercio porta vantaggi a tutti
-I governi sono incompetenti
-Il nucleo domestico è appannaggio femminile
-I beni comuni non hanno valore
-La società non esiste
-La natura è inesauribile
-L’energia è irrilevante

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Ma la fede cieca nei mercati che ignora natura, la società e il potere incontrollato delle banche, ci ha portati sull’orlo del collasso ecologico, sociale e finanziario.

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È davvero ora di cambiare paradigma!

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La prossima volta vedremo cos’è l’Economia integrata proposta da Kate Raworth.

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Legenda relativa ai link:

* fonte citata nel libro “Economia della Ciambella”

** approfondimento suggerito da Culturaintour

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